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Demenza a corpi di Lewy: è possibile diagnosticarla attraverso la biopsia delle ghiandole sottomandi


È una delle forme più frequenti di demenza nell’anziano ma è sottodiagnosticata e spesso confusa con altre patologie. Fino ad oggi non esisteva un esame che permettesse una diagnosi accurata di demenza a corpi di Lewy. Uno studio americano suggerisce però che è possibile fare diagnosi andando a ricercare il danno istologico che caratterizza queste malattie, la alfa-sinucleinopatia, su una biopsia delle ghiandole salivari.

Va sotto il nome di malattia a corpi di Lewy (LBD) ed è una patologia neurologica degenerativa che, sebbene poco conosciuta, rappresenta una delle forme di demenza più comuni nell’anziano. Negli USA si stima che interessi almeno 1,4 milioni di pazienti, ma la sua prevalenza è decisamente sottostimata perché si presenta con sintomi che possono mimare tanto il morbo di Parkinson che la demenza di Alzheimer. Fondamentale in questa come in tutte le malattie, la diagnosi precoce che in questo caso è resa difficile da una serie di fattori, quali la scarsa conoscenza della patologia da parte del pubblico ma anche dei medici, i sintomi che possono mimare altre patologie e soprattutto la mancanza di uno strumento diagnostico accurato. La biopsia cerebrale, che consentirebbe di individuare l’accumulo di corpi di Lewy, non costituisce certo un’opzione percorribile, anche se rappresenterebbe il gold standard. Per questo riveste grande interesse una ricerca appena pubblicata su Journal of Parkinson’s Disease che rivela come, una semplice biopsia delle ghiandole sottomandibolari possa consentire di individuare gli stessi tratti patologici osservabili nel cervello, in maniera accurata ma senza i rischi comportati da una biopsia cerebrale.

Anche nelle ghiandole sottomandibolari è infatti evidenziabile la alfa-sinucleina, tratto patognomonico del morbo di Parkinson che consente di confermare la diagnosi. “Questa ricerca dimostra a livello autoptico che anche nella ghiandola sottomandibolare è rintracciabile questa caratteristica patologica, in una percentuale molto elevata di soggetti per i quali in vita era stata posta diagnosi di demenza a corpi di Lewy. Sulla base di questa osservazione – afferma Thomas G. Beach, Direttore del Brain and Body Donation Program, Banner Sun Health Research Institute (BSHRI), Phoenix (USA) - riteniamo che la biopsia della ghiandola sottomandibolare rappresenti un esame in grado di fornire una diagnosi accurata di demenza a corpi di Lewy.” Nel cervello di tutti i pazienti affetti da Parkinson è presente una alfa-sinucleinopatia di tipo Lewy evidenziabile alla biopsia. Questo elemento è presente in una serie di altre patologie correlate ai corpi di Lewy. Lo studio condotto dai ricercatori dell’Arizona ha interessato soggetti con patologie del sistema nervoso centrale a tipo Lewy e un gruppo di controllo senza patologia a tipo Lewy. Entrambi i gruppi erano costituiti da soggetti anziani che avevano preso parte da volontari all’Arizona Study of Aging and Neurodegenerative Disorders and the Brain and Body Donation Program (BBDP). La presenza di α-sinucleinopatia a tipo Lewy è evidenziabile sul preparato istologico da tecniche di immunoistochimica ed è risultata presente solo nelle persone con patologie neurodegenerative correlate ai corpi di Lewy. In particolare la α-sinucleinopatia a tipo Lewy è stata riscontrata nell’89% delle biopsie effettuate in corso di autopsia nei soggetti con morbo di Parkinson e nel 71% di quelli con demenza a corpi di Lewy, ma in nessuno dei soggetti del gruppo di controllo. “Questo studio – sottolinea Beach – è molto importante. La bassa accuratezza diagnostica della demenza a corpi di Lewy ha reso difficile effettuare trial clinici su possibili nuove terapie. Migliorando l’accuratezza diagnostica, itrial clinici potrebbero avere maggiori chance di successo e potrebbero essere effettuati in tempi più contenuti e dunque con costi minori. Il prossimo passo consisterà nel sottoporre a biopsia della ghiandola mandibolare i pazienti con demenza a corpi di Lewy per confermare i risultati sugli studi autoptici”. Maria Rita Montebelli

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