Cistocele. Laparoscopia più efficace della rete transvaginale
Uno studio francese ha effettuato un confronto tra l’impiego della sacropessia laparoscopica e il posizionamento della rete per via transvaginale nella riparazione del cistocele, il prolasso della vescica femminile. La via laparoscopica si è mostrata superiore nei parametri della qualità della vita e dei sintomi.
Nel trattamento del cistocele, il prolasso vescicale, la tecnica nota come sacropessia laparoscopica (LS) è più sicura e consente di preservare meglio la funzionalità sessuale rispetto alla riparazione con impianto della rete per via transvaginale (TVM). È quanto emerge da uno studio francese pubblicato da European Urology e coordinato da Jean-Philippe Lucot, dell’Hopital Jeanne de Flandre, a Lille. Lo studio. La sperimentazione è stata condotta tra il 2012 e il 2014 e ha coinvolto donne con cistocele di stadio 2 o superiore, che avevano un’età compresa tra 45 e 75 anni e che non si erano mai sottoposte a un intervento chirurgico per il prolasso. Di queste, 129 hanno ricevuto l’intervento in laparoscopia e 128 si sono sottoposte all’operazione per via transvaginale. Nei casi laparoscopici, la rete impiantata per risolvere il prolasso è stata ancorata al legamento prevertebrale, mentre in quelli in cui è stata impiegata la tecnica transvaginale la rete è stata sospesa con quattro bracci attraverso legamenti pelvici.
I risultati. Un anno dopo la chirurgia, il tasso di complicanze di grado due o superiore si è rivelato più basso tra chi aveva subito la la sacropessia laparoscopica (17%,) rispetto a coloro che si erano sottoposte a TVM (26%), anche se questa differenza non è statisticamente significativa. Le complicanze di grado 3, invece, sono state significativamente inferiori (0,8%) tra le donne che si sono sottoposte a LS rispetto a quelle trattate con TVM ( 9,4%). L’intervento laparoscopico, inoltre, avrebbe fallito nel 6,3% dei casi, conclusi con la tecnica transvaginale. Di contro, il tasso di nuovi interventi dopo il primo è stato inferiore dopo LS, (4,7%) rispetto a TVM, 10,9%,anche se la differenza non è statisticamente significativa. Gli autori non hanno riscontrato, nei due gruppi, differenze significative in termini di sintomi, qualità della vita e risultati anatomici, ad eccezione della lunghezza vaginale e della dispareunia (il dolore che alcune donne provano durante un rapporto), tutti a favore dell’intervento laparoscopico.“Siamo rimasti sorpresi da questi risultati, in particolare dal fatto che il tasso di complicanze è stato più alto con la tecnica transvaginale piuttosto che con quella laparoscopica”, afferma Lucot, che sottolinea come la laparoscopia dovrebbe essere preferita “soprattutto dalle donne sessualmente attive”. Secondo William Kobak, dell’Università dell’Illinois di Chicago, “i risultati di questo studio sono in linea con ciò che la maggior parte degli uroginecologi e dei chirurghi ricostruttivi pelvici sanno, ovvero che l’introduzione transvaginale della rete di contenimento ha complicanze maggiori”.
Fonte: European Urology