Tumore ovarico: interazione molecolare di tre proteine incentiva le metastasi
Lo studio, finanziato da AIRC, è stato pubblicato sulla rivista PNAS.
Un passo avanti nella lotta contro il tumore ovarico viene da un nuovo studio tutto italiano che getta luce sul meccanismo di innesco delle metastasi, una delle più frequenti cause di mortalità nelle donne con carcinoma ovarico. La presenza concomitante di tre proteine, i recettori dell’endotelina, la b-arrestina e hMENA, è associata ad un decorso peggiore della malattia, spiegano dalle pagine della rivista PNAS i ricercatori guidati da Laura Rosanò e Anna Bagnato (in foto) dell’Istituto Regina Elena. Comprendere le ragioni della diffusione metastatica, che può avvenire anche a distanza di anni, è una delle sfide più importanti che la ricerca sul cancro tenta di affrontare.
Una cellula tumorale per diventare metastatica deve invadere il tessuto circostante, modificando innanzitutto il proprio citoscheletro, ossia quel complesso di filamenti proteici che ne costituiscono l’impalcatura e controllano forma e funzione. La cellula invasiva si fa strada creando delle tracce nel tessuto circostante e lo fa grazie a delle protrusioni chiamate invadopodi. Lo studio, condotto con il sostegno di AIRC, dimostra che il recettore per l’endotelina, in associazione con la proteina b-arrestina, guida la formazione di invadopodi maturi sia nel tempo sia nello spazio. La proteina del citoscheletro hMENA agisce legando il recettore dell’endotelina e la b-arrestina e creando così un’ interazione sinergica mai studiata prima nei tumori. Inoltre, una variante di hMENA è cruciale nella formazione di invadopodi e quindi di metastasi. È l’interazione del recettore dell’endotelina con questa forma invasiva di hMENA ad attivare una rete di segnali intracellulari che facilitano l’infiltrazione nei tessuti e nei vasi sanguigni, dando origine al processo metastatico.
«Identificare i potenziali nodi di vulnerabilità creati da interazioni tra le proteine coinvolte in questi processi – afferma Laura Rosanò – è fondamentale non solo per capire come le cellule tumorali diventano più aggressive, ma anche per utilizzarli come bersagli molecolari al fine di bloccare il processo metastatico».
Per Anna Bagnato, «questi risultati aprono la strada a nuovi approcci terapeutici. Esiste già un antagonista dei recettori dell’endotelina, il macitentan, approvato per indicazioni non oncologiche, che potrebbe essere sperimentato nei carcinomi sierosi dell’ovaio che esprimono elevate concentrazioni del recettore»·
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