Tumore ovarico, la firma molecolare che identifica le forme più aggressive
Studio multicentrico italiano, pubblicato sulla rivista scientifica Lancet Oncology. Dopo le necessarie conferme, permetterà di inserire le donne più a rischio in protocolli di trattamento più «pesanti» per ritardare o bloccare la ripresa della neoplasia.
È stata denominata MiROvaR ed è una firma molecolare del carcinoma ovarico, basata sull’espressione di 35 microRNA, in grado di identificare in modo molto accurato il rischio di ricaduta delle pazienti sin dal momento della diagnosi. MiROvaR è stata individuata dai ricercatori della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, e in pratica è in grado di “predire” l’aggressività del tumore, così che i medici possano prescrivere trattamenti più intensivi a quelle donne che hanno maggiori probabilità di andare incontro a una recidiva di malattia dopo il primo ciclo di terapie.
Cresce in fretta e non dà sintomi
Quello all’ovaio è il più letale tra i tumori ginecologici, perché cresce in fretta e non dà sintomi a lungo, così nella stragrande maggioranza dei casi (otto su dieci) si arriva tardi alla diagnosi, quando è già metastatico. In Italia sono circa 4.500 i nuovi casi registrati ogni anno e da anni i ricercatori cercano strumenti di prevenzione (come il pap test per il tumore all’utero) o di diagnosi precoce (come la mammografia per quello al seno). «Il carcinoma ovarico è un tumore poco frequente, ma ad elevata mortalità - spiega Delia Mezzanzanica, responsabile della Struttura di Terapie Molecolari all’Istituto Tumori di Milano, coordinatrice della ricerca appena pubblicata su The Lancet Oncology -. È di difficile diagnosi, è caratterizzato da un’elevata eterogeneità sia patologica sia molecolare e tende a ripresentarsi dopo la chemioterapia sviluppando resistenza ai trattamenti farmacologici (delle pazienti che rispondono ai farmaci circa il 70 per cento va purtroppo incontro a una recidiva e dev’essere sottoposta a ulteriori cicli di cure, ndr). Negli ultimi anni si stanno studiando le sue caratteristiche molecolari per capire al momento della diagnosi quali siano i tumori più aggressivi, cioè quelli che diventano resistenti alla chemioterapia e recidivano più rapidamente, per migliorare il loro trattamento».
L'analisi sui microRNA di 900 pazienti
MiROvaR è stato sviluppato partendo dall’analisi di campioni di carcinoma ovarico raccolti grazie all’impegno del gruppo multicentrico italiano per il disegno di trial clinici di umori ginecologici (MITO): «La sua efficacia nel prevedere il rischio di ricaduta di malattia - prosegue Mezzanzanica - è stata poi verificata complessivamente in quasi 900 casi di carcinoma ovarico mettendo a disposizione della comunità scientifica internazionale la più ampia collezione di dati sull’espressione di microRNA (piccole molecole la cui funzione è quella di regolare l’espressione di molti geni e quindi il comportamento delle cellule) al momento disponibile per questa patologia». L’analisi effettuata in questo studio potrebbe consentire, una volta inserita nella pratica clinica, importanti risultati nella lotta al carcinoma ovarico: «L’identificazione precoce delle pazienti ad alto rischio di ricaduta di malattia permetterà di inserirle in protocolli di trattamento più aggressivi così da colpire il tumore in modo più deciso e ritardarne o bloccarne la ripresa. Ma servono ulteriori verifiche cliniche, su ampi numeri di pazienti, per appurare la precisione predittiva di MiROvaR» conclude la ricercatrice. La ricerca è frutto della collaborazione con altri centri italiani di eccellenza per questa patologia, in particolare l’IRCCS Centro di Riferimento Oncologico di Aviano e l’IRCCS Istituto Nazionale Tumori Fondazione Pascale di Napoli, ed è stata finanziata dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e dalla Fondazione CARIPLO.