Ecco la retina artificiale che ridà la vista ai ciechi
Protesi visive impiantabili permettono di ripristinare in parte la funzione visiva nei pazienti colpiti da malattie degenerative della vista.
Lucia è una signora fiorentina di 67 anni a cui è stata diagnosticata la malattia di Stargardt, una forma rara di malattia degenerativa della retina che colpisce su base ereditaria in 1 caso su 10.000.
A partire dall’età scolare Lucia ha subito un progressivo peggioramento della vista fino alla cecità. Adesso può finalmente ritornare a vedere, anche se in modo parziale, grazie al il Sistema di Protesi Retinica Argus II, un vero e proprio occhio bionico sviluppato e commercializzato dall’azienda Second Sight Medical Products, che permette di ridare una percezione visiva in persone con grave o profonda degenerazione retinica esterna.
Lucia è stata infatti la prima paziente al mondo con la malattia di Stargardt a ricevere questo apparecchio, composto da occhiali esterni e di un dispositivo impiantato chirurgicamente nella retina, con un intervento eseguito con successo dall’equipe del Professor Stanislao Rizzo presso l’Azienda Ospedaliera Careggi di Firenze.
In Italia il sistema Argus II è già stato impiantato in oltre trenta pazienti colpiti da gravi malattie dell’occhio, come la retinite pigmentosa, e nel mondo sono quasi duecento le persone che sono uscite dal buio totale grazie a questo apparecchio.
Argus II funziona convertendo le immagini catturate da una videocamera in miniatura montata sugli occhiali del paziente in una serie di piccoli impulsi elettrici, che vengono trasmessi in modalità wireless ad una matrice di elettrodi impiantati sulla superficie della retina.
Abbiamo chiesto alla dottoressa Maura Arsiero, Director Business Development di Second Sight Medical Products, di spiegarci meglio in cosa consiste il dispositivo.
“È composto da una banda sclerale di silicone, un cerchiaggio che si utilizza nei casi di distacco di retina, che viene posizionata chirurgicamente al di sotto dei quattro muscoli dell’occhio, e che contiene un’antenna ricetrasmittente e un piccolo involucro sigillato in titanio dove è inserita tutta l’elettronica per far comunicare lo strumento con i due accessori esterni, gli occhiali e il video processore.
C’è inoltre un cavetto che termina con una matrice di 60 elettrodi che vengono posizionati sul fondo dell’occhio, sulla zona maculare della retina del paziente a coprire la zona che in un occhio sano è utilizzata per la visione da vicino, per i dettagli.
Serve a bypassare le cellule decedute e che non funzionano più, stimolando con piccoli impulsi elettrici le cellule che ancora sono attive nell’occhio del paziente.
Con queste stimolazioni elettriche si creano dei disegni luminosi che il paziente poi impara a riconosce come oggetti, persone, una macchina in movimento, un albero davanti a sé, una finestra e così via”.
Quanto dura l’intervento chirurgico?
La parte del sistema da impiantare all’interno dell’occhio del paziente richiede un’operazione di meno di due ore circa.
Come riceve l’energia elettrica per funzionare il dispositivo all’interno dell’occhio?
L’alimentazione viene data per radiofrequenza, con un principio molto simile a quello per ricaricare agli spazzolini elettrici appoggiandoli alla base di plastica.
Ma cosa vedono esattamente i pazienti con il sistema Argus II?
Distinguono delle sagome più o meno definite, a seconda del soggetto e dello stato di avanzamento della malattia. Per esempio sanno riconoscere posate e piatti sul tavolo e alcuni riescono a riconoscere davvero una persona: ne vedono, gambe, braccia testa, con i dettagli come bocca, occhi e naso invece più sfumati.
Quali persone possono beneficiare di Argus II?
Chi è affetto da una malattia genetica degenerativa dello stato dei fotorecettori, cioè lo strato più esterno della retina composto dai bastoncelli che trasformano la luce in impulsi elettrici. Le patologie che distruggono queste cellule sono la retinite pigmentosa, la coroideremia, la sindrome di usher, sulle quali abbiamo condotto una serie di studi clinici. Adesso li stiamo effettuando sulla maculopatia degenerativa senile, che come dice il nome colpisce soprattutto gli anziani. In Italia si contano più di 20.000 persone che hanno perso la vista a causa di queste malattie.
E come vengono selezionati i candidati a ricevere l’occhio artificiale?
In modo molto stringente, perché non tutti sono psicologicamente pronti a un cambiamento così radicale:riacquistare la vista, anche se in modo parziale, per chi ne è stato privo a lungo e si è adattato al mondo dell’oscurità, può essere traumatico.
Operiamo solo pazienti che sono completamente al buio, selezionati da medici esperti che sono in grado di capire se la persona può sopportare lo sforzo necessario ad arrivare ad essere in grado di utilizzare il sistema. Oltre ad essere in possesso dei necessari requisiti fisiologici, valutati attentamente tramite specifici esami medici, i pazienti non devono quindi essere psicologicamente fragili e nemmeno avere delle aspettative esagerate, come ad esempio pretendere di ritornare a guidare l’auto.
Cosa riescono dunque a fare le persone a cui è stato impiantato il dispositivo?
Possono ad esempio attraversare la strada da soli, trovare le strisce pedonali, seguire i percorsi appositi per non vedenti. Insomma, sono autonomi nei loro spostamenti.
In quali strutture è possibile effettuare l’intervento?
Finora sono stati operati 13 pazienti a Pisa, 15 all’Ospedale Careggi di Firenze, 7 alla USSL 15 dell’Ospedale di Camposanpiero (PD) e due al San Paolo di Milano. Il tutto gratuitamente perché coperto da fondi regionali.
Come si fa a richiedere il dispositivo?
Basta contattare il centro di oftalmologia degli ospedali di Firenze, Milano e Camposanpiero per avere tutte le informazioni necessarie o chiamere il numero verde 800 879 697.