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Novità sulla malattia di Pompe
Efficace il DBS test per screening della rara patologia metabolica.
Fino ad una decina di anni fa, la rara malattia di Pompe era una patologia incurabile, senza nessuna terapia in grado di contrastare i danni che la carenza dell’enzima a-glucosidasi (GAA) provocava nelle persone affette.
Per questi pazienti le conseguenze erano drammatiche: nelle forme classiche - quelle che si manifestano subito dopo la nascita - il neonato era destinato a morire entro i primi 2 anni di vita, mentre nelle forme ad esordio tardivo - quelle che possono manifestarsi a qualsiasi età dopo il primo anno - si assisteva, impotenti, a una importante e progressiva compromissione dei muscoli respiratori e degli arti.
«La malattia di Pompe colpisce sia i bambini sia gli adulti ed è trasmessa in modo recessivo per cui, a meno di mutazioni de novo, i due genitori sono portatori sani», ricorda Maurizio Moggio, responsabile dell'unità di Diagnostica delle malattie rare eneuromuscolari presso la Fondazione Irccs Ca' Granda dell'Ospedale maggiore policlinico di Milano. «Si presenta in due modalità. La prima forma, congenita e molto grave, con esordio nella vita intrauterina, determina rilevanti problemi del tono muscolare, respiratori e cardiologici. Fino a dieci anni fa l'aspettativa di vita non superava l'anno: ora le prospettive sono profondamente cambiate e seguiamo bambini che hanno ormai 5-7 anni. Ha uno spettro di sintomatologie molto variabili. Di solito l'adulto o il bambino comincia ad accorgersi di avere difficoltà nel movimento con interessamento dei cingoli scapolare o pelvico, con problemi a fare una serie di movimenti di vita comune e nella deambulazione. Importante è la compromissione della muscolatura respiratoria: spesso pazienti adulti con problemi di respirazione e bassa saturazione di ossigeno sono segnalati al medico che si occupa di malattie neuromuscolari dal collega pneumologo». Dal 2006 è disponibile la Terapia Enzimatica Sostitutiva (ERT), pertanto, il tema della diagnosi tempestiva è diventato di primaria rilevanza. Infatti, anche se ancora oggi, purtroppo, il riconoscimento di alcune forme di questa malattia avviene con forte ritardo, è ormai noto che un intervento terapeutico precoce rappresenta la chiave di volta per rallentare notevolmente la tipica progressione della patologia.«In alcune persone la terapia non è così efficace come nelle altre ed è per questo che, fin dall'inizio, abbiamo cominciato a lavorare con un nuovo enzima, NeoGaa, al fine di ottenere una maggiore efficace», spiega Stefano Bruni, direttore medico scientifico Genzyme, divisione del gruppo Sanofi. «Di recente si è conclusa la fase I-II relativa alla sicurezza con esiti positivi.
A breve inizierà l'arruolamento di un numero maggiore di pazienti per valutare l'efficacia e speriamo in un paio d'anni di avere i risultati anche di questa fase di sperimentazione. La struttura della molecola è molto simile: lo stesso enzima ricombinante è dotato di strutture periferiche post- trascrizionali che ne permettono un migliore riconoscimento da parte della cellula,favorendo la penetrazione all'interno della stessa e permettendo quindi all'enzima di svolgere un lavoro più efficace».Interessanti novità su questo fronte arrivano anche da uno studio scientifico italiano pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale ad alto impatto scientifico, Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry (JNNP). Si tratta dello studio LOPED: un’indagine multicentrica realizzata con l’obiettivo di valutare - in una popolazione ad alto rischio per possibile malattia di Pompe - la diffusione della patologia nella sua forma ad esordio tardivo (Late-Onset Pompe Disease) utilizzando, quale principale strumento di screening, la metodica del Dried Blood Spot (DBS), un test che prevede il prelievo e l’analisi di una goccia di sangue essiccata su filtri di carta bibula.Lo studio - promosso dall’Associazione Italiana Miologia, coordinato dal Professor Antonio Toscano del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Messina e realizzato grazie al contributo non condizionato di Genzyme, società del Gruppo Sanofi - ha coinvolto 17 centri italiani per la cura delle malattie neuromuscolari e oltre mille soggetti di età superiore ai 5 anni, che presentavano un persistente innalzamento della CK sierica e/o una debolezza dei muscoli dei cingoli scapolari e/o pelvici.La popolazione coinvolta nello studio è stata sottoposta a screening attraverso la metodica del DBS test. Su 1.051 soggetti valutati, 21 hanno mostrato una ridotta attività della GAA. Successive indagini biochimiche e genetiche, hanno confermato la presenza della malattia in ben 17 dei 21 soggetti risultati positivi al test ematico (1,6 % della popolazione studiata).“Lo studio LOPED – spiega Toscano - ci ha permesso di individuare un percorso rapido ed efficace per evitare ritardi nella diagnosi. Il DBS test si è infatti confermato una metodica di screening notevolmente affidabile, veloce e poco costosa per identificare i pazienti a rischio di malattia; i successivi studi biochimici e genetici ci hanno consentito di ottenere la conferma diagnostica, immediatamente seguita dalla somministrazione della terapia. Pertanto, a conclusione di questo studio, siamo orgogliosi di consegnare alla comunità scientifica internazionale un efficace algoritmo diagnostico per intervenire precocemente nel trattamento della patologia”.
Intanto è stato arruolato nei giorni scorsi il primo paziente dello studio multicentrico osservazionale Pneumoloped promosso dall’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO).Ad annunciarlo è l’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO) ente promotore dello studio volto a razionalizzare e migliorare il processo diagnostico della malattia di Pompe da parte dello specialista pneumologo.La malattia di Pompe, di cui si distinguono una forma precoce in età neonatale e una forma tardiva in età adulta, è una patologia metabolica multisistemica autosomica recessiva dovuta alla ridotta o assente funzionalità di una proteina chiamata alfa-glucosidasi acida (GAA). L’alterazione dell’attività di questa proteina comporta un accumulo di glicogeno nel tessuto muscolare scheletrico e in diversi organi.Tra le principali manifestazioni cliniche della forma tardiva, il 70% dei pazienti sviluppa una progressiva insufficienza respiratoria con riduzione media della capacità vitale dello 0.9-4.5% e con un rischio di necessità di ventilazione meccanica in media dell’8% per anno dalla diagnosi.
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