«Non è cancro»: cambia il nome di un sottotipo di tumore della tiroide
Giornata Mondiale della Tiroide: una buona notizia per i pazienti. Un panel di esperti americani fa sparire la parola «carcinoma» dal nome della variante papillare follicolare. Decisione attesa da anni, che evita ansie e trattamenti per neoplasie “dormienti”.
Non chiamatelo più cancro. Il carcinoma papillare follicolare è “buono”, non aggressivo, non mette a repentaglio la vita dei malati. E va trattato di conseguenza: niente rimozione della tiroide, nessuna radio-iodioterapia e no anche ai ripetuti controlli per mesi o anni che causano tanta ansia ai pazienti. Pazienti che, appunto, non vanno più spaventati con la diagnosi di cancro. Una buona notizia che arriva proprio in occasione della Giornata Mondiale della Tiroide, celebrata con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo scientifico sull’importanza del corretto funzionamento di questa ghiandola che ha un ruolo fondamentale nell’arco di tutta la vita, da prima della nascita alla terza età. Il cambio di nome non è un fatto simbolico, ma una decisione a lungo discussa e attesa all’interno della comunità scientifica, che è giunta alla fase finale con un articolo pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista JAMA Oncology.
Ecco cosa cambia per tremila italiani
La variante follicolare del carcinoma papillare è, in sostanza, un piccolo nodulo completamente circondato da una capsula di tessuto fibroso che impedisce alle cellule interne di provocare danni. Per questo gli esperti americani che hanno lavorato al documento di revisione della classificazione hanno deciso di eliminare la parola carcinoma: quello che era la «variante incapsulata follicolare del carcinoma tiroideo papillare» ora si chiama «neoplasia tiroidea follicolare non-invasiva». La novità interessa circa tremila italiani ogni anno, visto che il sottotipo cancro tiroideo in questione rappresenta circa il 20 per cento di tutti i casi di tumore alla tiroide diagnosticati, che nel 2015 sono stati 15.400. «Da tempo gli esperti aspettavano questa modifica, che è molto importante per i medici così come per i pazienti – commenta Luciano Pezzullo, responsabile della Struttura di Chirurgia Oncologica della Tiroide all’Istituto Tumori Pascale di Napoli -. Questa decisione ha infatti implicazioni significative su molteplici aspetti. Eliminando la parola “carcinoma” si liberano i pazienti affetti dall'incubo di una neoplasia maligna, con l’ovvio impatto psicologico positivo sulla qualità di vita. Inoltre, sul piano clinico, si potrà modulare la terapia chirurgica: interventi più conservativi, con minori problemi legati all’operazione e successivi controlli meno intensivi».
Malattia indolente: non cresce, non dà metastasi
Nelle sue valutazioni, il panel di specialisti statunitensi ha analizzato i casi di circa 200 pazienti, tenuti sotto osservazione per un periodo variabile fra i 12 mesi e i 26 anni. Alla fine, accertata l’effettiva non pericolosità del sottotipo di tumore in questione, hanno deciso di “degradarlo”. «Nell’ultimo decennio è divenuto sempre più palese che il carcinoma tiroideo, in generale, e in particolare alcune varianti (come quella follicolare) hanno un comportamento clinico peculiare che li fa differire dagli altri carcinomi - spiega Pezzullo -. Sono caratterizzati da un’estrema indolenza, ovvero in pratica questi “tumori” non crescono, sono pigri, praticamente dormienti. In altre parole, non infiltrano i tessuti circostanti, non danno metastasi locali o a distanza. Insomma, non fanno danni o non possono causare la morte del paziente. Molte di queste varianti “buone” per anni sono però state considerate e conseguentemente trattate come dei veri cancri, quindi con l’asportazione totale della ghiandola tiroidea, la radioiodioterapia e le conseguenze indesiderate delle cure. Ora le cose potranno finalmente cambiare, come attendevamo da tempo».
Questione aperta anche per altri sottotipi di tumore
Negli ultimi 5 anni diverse società scientifiche hanno affrontato lo stesso problema anche per altre tipologie di tumore (per esempio seno, prostata e polmone) che hanno alcuni sottotipi non pericolosi, che è importante ri-classificare per non esporre i malati a trattamenti in eccesso e a ansie ingiustificate, mentre il sistema sanitario affronta costi inutili. «Una decisione simile è già praticamente stata presa per i cosiddetti microtumori della tiroide - conclude l’esperto, che è anche presidente eletto dell’Associazione delle Unità Endocrinochirurgia Italiane (Club delle UEC) -, che non dovrebbero essere immediatamente trattate, quanto piuttosto seguite e monitorate in centri specializzati: per molti pazienti può essere sufficiente un controllo annuale con visita ed ecografia. E solo se ci sono sospetti di un’evoluzione della malattia si procede con agobiopsia e intervento».