Creato con una stampante 3d l’osso artificiale che si rigenera
Il materiale è stato brevettato dall’Università di Milano-Bicocca. È un mix di silicio e plastica che si comporta come i tessuti umani
Solido ma flessibile. Sintetico ma organico. Autoriparante e biocompatibile. Servono tanti aggettivi per definire il nuovo materiale delle meraviglie partorito dalla ricerca italiana. Un mix evoluto e supertecnologico di silicio e speciali polimeri, destinato a rivoluzionare le cure per ossa e cartilagini. Un materiale ibrido, che si stampa in 3d e renderà enormemente più efficace e rapida la riparazione di una frattura, la ricostruzione di un menisco, il ripristino della cartilagine nei dischi vertebrali. Ma forse arriverà anche a cambiare - in meglio - il mondo della tecnologia. Avete presente quando si scheggia, in stile ragnatela, lo schermo dello smartphone? Il materiale annunciato ieri, brevettato dai ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con i colleghi dell’Imperial College di Londra, potrebbe servire anche a quello.
Un limite è difficile da fissare, perché il nuovo composto sembra davvero a prova di tutto. I ricercatori ne hanno fatto anche un video, che lascia a bocca aperta: un pezzetto di questo bio-vetro si può tagliare a metà e poi, semplicemente unendo gli estremi, ricomporre alla perfezione. Non servono nemmeno colle o altre saldature di sorta. Un prodigio. E un prodigio che prima esisteva solo nel corpo umano, e da nessun’altra parte. Il nuovo materiale riproduce - all’ennesima potenza - le caratteristiche dei tessuti ossei naturali, soprattutto la cartilagine. «Mai era stato sintetizzato qualcosa di così elastico e insieme così resistente alla pressione e alla trazione», spiega Laura Cipolla, la docente di Chimica organica dell’Università di Milano-Bicocca che ha coordinato il gruppo italiano di ricerca.
Il nuovo materiale servirà proprio a questo: a sostituire temporaneamente ossa e cartilagini quando occorre ripararle. «In termini di applicazioni - conferma Cipolla - si apre davvero un mondo, soprattutto a livello biomedico, quello da cui siamo partiti. L’idea è quella di utilizzarlo per migliorare la ricostruzione ossea. Potremo stampare in 3d un supporto da inserire proprio dove c’è il danno. Praticamente riempiremo la frattura con un sostegno biocompatibile, che aiuta la guarigione perché con il tempo le cellule naturali possono colonizzarlo e completare il loro naturale processo di rigenerazione».
Altro che gesso o chiodi dopo una gamba rotta. In attesa che il corpo si rimetta a posto da solo, ecco un supporto tecnologico, sicuro, resistente, moderno. Il futuro è arrivato dove in fondo ce n’era più bisogno. «Quella con l’Imperial College - prosegue la ricercatrice - è una collaborazione nata quasi per caso, nel 2012, dopo aver incontrato il gruppo londinese a margine di un convegno. Negli anni abbiamo dovuto fare molti tentativi, perché per ottenere le proprietà che cercavamo dovevamo combinare materiali organici e plastici. Ma è una bella sfida, perché questi due mondi non sono per nulla felici di stare insieme. Era un po’ come combinare l’acqua e l’olio».
Ma dentro i laboratori l’impossibile è un concetto relativo, al massimo uno stimolo. E così la miscela giusta è stata trovata. Da una parte semplice silicio. Dall’altra una plastica mai usata prima: un polimero sintetizzato per l’occasione e fatto in modo da essere biocompatibile, adatto ad integrarsi con i tessuti umani e vivi. «Ma in futuro - conferma Cipolla - potremo pensare anche ad una serie di applicazioni industriali. Oggi stiamo ancora parlando di un prototipo, da migliorare e adattare in base all’uso che vogliamo farne. Oltre agli schermi per smartphone, si potrebbe pensare a farne pellicole protettive per automobili, un involucro antigraffio con cui difendere la carrozzeria».
STEFANO RIZZATO