Utilizzo della chemioterapia neoadiuvante nel cancro del retto in stadio avanzato.
Una revisione dei dati dell’Archivio Nazionale del Cancro degli Stati Uniti ha fatto il punto sull’utilizzo della chemioterapia neoadiuvante nei casi di cancro del retto localizzato e in stadio avanzato.
La chemioterapia neoadiuvante consiste nella somministrazione di farmaci chemioterapici per ridurre l’estensione di un tumore, prima di rimuoverlo con un intervento chirurgico o di trattarlo con la radioterapia. Negli Stati Uniti, come in altri paesi, è una soluzione di riferimento e Sineshaw e colleghi ne hanno valutato l’impiego nel periodo compreso fra 2004 e 2012. Dall’Archivio Nazionale del Cancro è risultato che 66.197 persone con adenocarcinomadel retto localizzato e in stadio avanzato hanno ricevuto una chemioterapia neoadiuvante nel periodo in questione.
L’incremento, nell’utilizzo di questo approccio, è stato del 43% fra 2004 e 2006, del 50% fra 2007 e 2009 e del 55% fra 2010 e 2012, risultando significativo in termini statistici (p<0.0001). Al contrario, nello stesso periodo è diminuito l’impiego della chemioterapia adiuvante, cioè di quella somministrata dopo cure chirurgiche o radioterapiche per eliminare cellule tumorali residue. E’ anche diminuita la percentuale di casi in cui è stata usata la terapia chirurgica da sola: dal 13% fra 2004 e 2006 all’8.7% fra 2010 e 2012 (p<0.0001). Fra i fattori che hanno limitato l’applicazione della terapia neoadiuvante ci sono stati: età avanzata, presenza di malattie associate, dimensioni ampie del tumore primario, coinvolgimento dei linfonodi, razza diversa da quella bianca, mancanza di un’assicurazione privata e gestione da parte di una struttura con ridotta casistica. La sopravvivenza complessiva a 5 anni, ottenuta con chemioterapia neoadiuvante, è stata del 72%, con chirurgia e chemioterapia adiuvante del 71%, con chirurgia da sola del 45% e con chemioterapia da sola del 49%.
Gli autori hanno concluso che l’uso della chemioterapia neoadiuvante negli Stati Uniti è sensibilmente aumentato nell’ultimo decennio, ma che solo circa metà dei casi viene trattato in questo modo. Fattori socio-economici giustificano solo in parte questa disparità. Sineshaw e colleghi hanno ribadito che la terapia integrata è associata con i migliori risultati. Gli esiti di questa ricerca confermano che integrare al meglio le migliori cure disponibili per i tumori può salvare la vita a molte persone.
Tommaso Sacco