Citomegalovirus, prevenire 5000 infezioni neonatali
Di questi 800 soffrono di grave disabilità. "Manca un programma di screening sia prima della gravidanza che dopo".
IN ITALIA non è previsto lo screening del Citomegalovirus né prima della gravidanza né nei 9 mesi di gestazione e neanche dopo la nascita. Questo fa si che ogni anno si osservino circa 13.000 infezioni primarie da Citomegalovirus nelle donne in gravidanza, nascano in Italia 5.000 bambini con un'infezione congenita e di questi circa 800 soffrano di severe disabilità permanenti dovute all'infezione congenita. Per fronteggiare questa infezione e, soprattutto, per arginarne gli effetti spesso definitivi sulla salute di molti bambini occorre promuovere anche in Italia, come avviene del resto in Svizzera e in Germania, dei programmi di screening autorizzati pre e durante la gravidanza. E' questo l'impegno che Amcli - Associazione microbiologi clinici italiani - ha lanciato nel corso della conferenza internazionale sull'infezione congenita da Citomegalovirus umano, organizzata dalla Società Europea ECCI (European Congenital Cytomegalovirus Initiative) e in corso a Venezia.
Manca un programma. "In Italia, la mancanza di un programma di screening ben coordinato ha portato ad avere de facto uno screening spontaneo e disomogeneo nelle varie realtà regionali che comporta spesso la conduzione di iter procedurali non corretti" commenta Maria Paola Landini, Direttore della Microbiologia del Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna e membro del Direttivo Amcli. "Il Citomegalovirus umano è la principale causa di infezione congenita nei paesi sviluppati con un'incidenza complessiva pari allo 0.7% di tutti i nati vivi ed è la principale causa di sordità neurosensoriale non genetica in età pediatrica. In Italia il 60-70% delle donne in età feconda ha anticorpi CMV-specifici, segno che ha contratto questa infezione una qualche volta nella vita. Nel soggetto immunocompetente e quindi anche nelle donne gravide, le infezioni sono solitamente asintomatiche, tutti guariscono e non ci sono complicazioni. L'unica evenienza in cui CMV può causare danni rilevanti è quando l'infezione viene contratta per la prima volta da una donna in gravidanza. In questo caso, l'infezione può trasmettersi al feto in circa il 40% dei casi" sottolinea Pierangelo Clerici, Presidente Amcli.
I casi gravi. Dei neonati che nascono con infezione congenita circa il 10-15% ha sintomi più o meno gravi già evidenti alla nascita e fino al 70-80% di questi svilupperà gravi sequele entro i primi due anni di vita (ritardo psicomotorio, sordità, alterazioni oculari). In questi pazienti la mortalità perinatale è circa del 10%. Inoltre, circa il 5-15% dei neonati infetti ma asintomatici alla nascita svilupperà comunque complicazioni tardive. In conclusione, circa due neonati ogni 1000 nati vivi soffrono per una infezione sintomatica congenita severa da CMV.
Problema poco conosiuto. "Si tratta di un problema complesso", afferma Tiziana Lazzarotto Professore di Microbiologia del Policlinico Universitario S. Orsola di Bologna e membro del Direttivo Amcli "e in pratica, ancora nel 2015 poco conosciuto anche se molto "chiacchierato". Il summit di Venezia offre un'opportunità unica per microbiologi e virologi clinici, neonatologi, pediatri, ostetrici-ginecologi, infettivologi per incontrarsi
e condividere insieme le più recenti novità sull'infezione congenita da Citomegalovirus in relazione alle proprie competenze, con lo scopo di individuare e implementare azioni concrete per fronteggiare e alleviare i problemi associati a questa patologia".