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Un esame del sangue dirà quanto è grave il colpo alla testa.


Studio americano conferma l’associazione tra due proteine e livello di lesione cerebrale.

Cadute accidentali, incidenti d’auto e, soprattutto nei giovani, alcune attività sportive espongono il nostro cervello al rischio di traumi dalle conseguenze anche molto serie che possono anche non manifestarsi immediatamente.

Valutare quindi il livello di gravità dei traumi cranici concussivi (TBI) è fondamentale per decidere il miglior trattamento al fine di limitare gli effetti nocivi del colpo alla testa. Tuttavia, gli esami diagnostici come la TAC non riescono ad individuare tutti quei casi che, potendo evolvere, richiederebbero ulteriore attenzione ed, inoltre, non vengono eseguiti su ogni singolo traumatizzato. Per queste ragioni, da tempo i ricercatori sono alla ricerca di biomarcatori specifici in grado di individuare prontamente i casi più a rischio.

COLPO E CONTRACCOLPO: I DANNI CEREBRALI

Una delle conseguenze immediate di un colpo alla testa è il danno assonale(DAI), che è la degenerazione spesso grave e irreversibile della sostanza bianca, dovuta alla strappo cui le fibre nervose vanno incontro al momento del trauma. Il danno è provocato dall’impatto del cervello sul cranio e dallo stress meccanico impresso ai tessuti dal loro rapido spostamento (colpo e contraccolpo). Ma non tutti i danni avvengono al momento del trauma: le lesioni secondarie, causate dal danno cellulare immediato, possono comparire anche a distanza di ore dall’evento. E il paziente, inizialmente senza disturbi, può sviluppare mal di testa, stordimento, perdita di memoria, depressione. In Italia, si parla di 250 casi di trauma cranico all’anno ogni 100mila abitanti con oltre 2.000 ricoveri ogni milione di abitanti. Inoltre, spesso la concussione cerebrale è un evento clinico non diagnosticato.

UN ESAME DEL SANGUE PER LA DIAGNOSI

Come evitare quindi che un paziente, asintomatico al momento del trauma, si senta male una volta rimandato a casa, magari anche alcuni giorni dopo? Individuando i casi a rischio attraverso un esame del sangue, il più recente dei quali è stato presentato in uno studio appena apparso sulla rivista Jama Neurology. Gli autori, un team di ricercatori americani, si sono concentrati su due biomarcatori, due proteine note e già associate a TBI moderato e grave, e ne hanno monitorato i livelli ematici subito dopo il trauma in 584 pazienti del Centro Traumatologico di livello 1 dell’Orlando Medical Center, metà dei quali con concussione e il restante 50% con altri tipi di trauma, come fratture alle ossa e lesioni al torace.

L’analisi dei campioni di sangue, prelevati una ventina di volte a partire dalle quattro ore dall’infortunio e fino ai sette giorni successivi, ha mostrato in tutti i soggetti un aumento del livello delle proteine - GFAP e UCH-L1 – e in misura maggiore in coloro che avevano un TBI rispetto a chi aveva subito traumi di altra natura, come le fratture. Si tratta delle proteine UCH - L1, rilasciata dai nervi del cervello quando sono sottoposti a stress e i cui livelli salgono rapidamente subito dopo l’infortunio fino a raggiungere un picco otto ore dopo, e della proteina fibrillare acida della glia (GFAP) che invece mostra un picco 20 ore dopo la lesione per diminuire poi costantemente, pur rimanendo individuabile in circolo anche a sette giorni di distanza. Con i due biomarcatori, spiegano i ricercatori, si possono individuare i casi di TBI con un’accuratezza del 97%.

«Non vogliamo eseguire procedure non necessarie su persone che non ne hanno bisogno», ha affermato la responsabile dello studio Linda Papa del Department of Emergency Medicine dell’Orlando Regional Medical Center in Florida di cui è anche il direttore scientifico, a proposito dell’utilizzo della TAC allo scopo di distinguere i casi più gravi da quelli lievi e asintomatici. «Non credo che un esame del sangue sia risolutivo ma sarebbe un bellissimo strumento da utilizzare in clinica per sostenere i nostri processi decisionali».

I risultati sono preliminari e l’uso clinico potrebbe richiedere degli anni, tuttavia la misurazione di UCH-L1 potrebbe diventare un valido supporto alla medicina d’urgenza, un semplice prelievo del sangue eseguito a bordo campo o in autoambulanza consentendo una stima della gravità del trauma, e alla gestione neurologica del paziente, impedendo il ritorno in campo a quegli sportivi con un certo livello di proteine in circolo.

La Ref Italia è un'azienda fondata nel 2005 che si occupa della distribuzione di apparecchiature elettromedicali, prodotti medicali e dispositivi ad alta tecnologia medica.

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