Un impianto per prevenire l’Alzheimer
In un trattamento all’avanguardia per la malattia di Alzheimer, gli scienziati dell’ EPFL hanno sviluppato una capsula impiantabile che può utilizzare il sistema immunitario e indirizzarlo contro la malattia.
Una delle cause ipotizzate di Alzheimer è l’accumulo della proteina beta amiloide in differenti aree del cervello. Ciò comporta la deposizione di placche di proteine aggregate, che sono tossiche per i neuroni. Uno dei modi più promettenti per combattere le placche è il “tag” delle proteine beta amiloidi con anticorpi che segnalano al sistema immunitario del paziente di attaccarle. Per essere più efficace, questo trattamento deve essere utilizzato il più presto possibile, prima che i primi segni di declino cognitivo compaiono. Tuttavia, questo trattamento richiede iniezioni di vaccino ripetute che possono anche causare effetti indesiderati.
Gli scienziati dell’EPFL hanno risolto il problema con un impianto in grado di fornire un flusso costante e sicuro di anticorpi al cervello del paziente per eliminare le proteine beta amiloidi.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Brain.
Il laboratorio di Patrick Aebischer presso l’EPFL ha sviluppato una capsula bioattiva contenente cellule che sono state geneticamente modificate per produrre anticorpi contro le beta amiloidi. La capsula viene impiantata nel tessuto sotto la pelle e col tempo le cellule producono e rilasciano un flusso costante di anticorpi nel sangue che arrivano al cervello e attaccano le placche amilodi.
La capsula è nata da un progetto del laboratorio di Aebischer, pubblicato nel 2014. E’ un “dispositivo di macroincapsulazione” ed è composto da due membrane permeabili sigillate insieme con una cornice in polipropilene. Il dispositivo completato è lungo 27 mm ed ha uno spessore di 1,2 mm. Contiene un idrogel che facilita la crescita cellulare. Tutti i materiali utilizzati sono biocompatibili e il laboratorio ha specificamente usato un metodo che li rende facilmente riproducibili per la produzione su larga scala.
Le cellule all’interno della capsula sono molto importanti. Non solo devono essere in grado di produrre anticorpi, ma devono anche essere compatibili con il paziente, in modo da non innescare una reazione immunitaria contro di esse. Le membrane della capsula entrano in gioco per la protezione dalla reazione immunitaria, schermano le cellule che vengano identificate e attaccate dagli anticorpi. Questa protezione significa anche che le cellule da un singolo donatore possono essere utilizzate su diversi pazienti.
Prima di essere introdotte nelle capsule, le cellule vengono geneticamente modificate per produrre anticorpi che riconoscono specificamente il target beta amiloide. Le cellule scelta sono estratte dal tessuto muscolare del paziente e le membrane permeabili le lasciano interagire con il tessuto circostante affinchè possano ottenere tutte le sostanze nutritive e le molecole di cui hanno bisogno.
I ricercatori hanno testato il dispositivo sui topi ottenendo un grande successo. I topi – una linea genetica che viene comunemente utilizzato per simulare la malattia di Alzheimer – hanno mostrato drastica riduzione del carico delle placche beta amiloidi. Infatti, il flusso costante di anticorpi prodotto dalla capsula durante 39 settimane, ha impedito la formazione delle placche amiloidi nel cervello. Il trattamento ha anche ridotto la fosforilazione della proteina tau, un altro segno del morbo di Alzheimer osservato in questi topi.
Il lavoro sebbene proof-of-concept, è un punto di riferimento. Esso dimostra chiaramente che gli impianti cellulari incapsulati possono essere utilizzati con successo e in modo sicuro per fornire gli anticorpi e trattare la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative caratterizzate da proteine difettose.
Fonte: News Mediacom