Trapianti di fegato, sperimentata con successo la conservazione a caldo.
Per la prima volta un paziente ha ricevuto l’organo mantenuto in vita con una tecnica che potrebbe ridurre il numero e la severità delle complicanze legate all’espianto.
Primo trapianto di fegato in Italia con l’organo mantenuto “in vita” alla temperatura di 37 gradi in una macchina da perfusione normotermica, una tecnica utilizzata finora solo nel trapianto di polmone. Lo ha eseguito l’equipe dell’Unità operativa di chirurgia epatica e del trapianto di fegato dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana, diretta dal professor Franco Filipponi. La procedura - eseguita dai chirurghi Davide Ghinolfi e Daniele Pezzati - consentendo una migliore conservazione dell’organo da trapiantare, può contribuire ad ampliare il numero di potenziali donatori. Al momento sono pochissimi i Centri di trapianto al mondo che dispongono di questi strumenti e hanno eseguito procedure simili sul fegato. Nella pratica clinica comune, l’organo, nel periodo che intercorre tra il prelievo nel donatore deceduto e il successivo impianto nel ricevente, viene conservato in ghiaccio a una temperatura variabile tra 0 e 4 gradi. Questo tipo di conservazione, pur avendo il vantaggio di rallentare il metabolismo, non protegge il fegato da danni che sono tanto maggiori quanto più prolungato è il tempo trascorso in questo ambiente non fisiologico.
Procedura d’avanguardia
Con la procedura adottata nel centro toscano, invece, il fegato dopo essere stato prelevato dal donatore e trasportato a Pisa è stato conservato nella macchina da perfusione normotermica che lo ha mantenuto perfettamente vascolarizzato con sangue umano ossigenato e ricco di componenti nutritizie. Durante questo tempo, inoltre, ne sono stati monitorati i parametri funzionali e le capacità metaboliche. Il paziente cui è stato trapiantato l’organo ha avuto un regolare decorso post-operatorio. «Il centro di Pisa, che l’anno scorso ha effettuato il maggiore numero di trapianti di fegato in Italia, si pone all’avanguardia anche nell’utilizzo delle più recenti scoperte tecnologiche applicabili alla trapiantologia — commenta il direttore del Centro trapianti, Franco Filipponi – . Ci auguriamo che l’introduzione di questa tecnologia, minimizzando il numero e la severità delle complicanze legate all’inevitabile fase di conservazione dell’organo, possa contribuire ad ampliare il numero dei potenziali donatori».
Vantaggi per i pazienti
L’introduzione della macchina per la perfusione normotermica d’organo è stata possibile grazie al supporto dell’Organizzazione Toscana Trapianti della regione Toscana. «Poter conservare, prima del trapianto, l’organo perfuso in ambiente simile a quello fisiologico, controllandone anche le funzioni vitali, garantisce maggiore sicurezza e qualità alla pratica trapiantologica, considerando, tra l’altro, che i donatori d’organo sono sempre più anziani – spiega il responsabile del progetto, Davide Ghinolfi, chirurgo presso il Centro trapianti di Pisa – . Le nuove tecnologie possono dare l’opportunità di eseguire metodiche di ricondizionamento dell’organo in grado di farlo funzionare al meglio. Per valutare scientificamente i benefici di questa nuova procedura, avvieremo a breve uno studio clinico mettendo a confronto pazienti che ricevono il trapianto dell’organo conservato col metodo tradizionale e quelli che lo ricevono con la nuova tecnica di conservazione».