Il punto sul decreto «esami inutili»: i disagi dei malati e i dubbi dei dottori.
La situazione dopo le nuove limitazioni su che cosa e quanto può essere prescritto. In attesa di una circolare del Ministero che chiarisca i punti controversi della norma.
Esami prescritti fino a qualche mese fa su ricetta rossa a carico del Servizio sanitario nazionale, che ora, invece, vengono “segnati” su foglio bianco, quindi da fare a pagamento; dottori che compilano più ricette rosse, una per ogni esame; rimpallo di competenze nelle prescrizioni tra medici di famiglia e specialisti, con pazienti che fanno la spola da uno studio medico all’altro. Sono tra le segnalazioni più frequenti giunte sia alla nostra redazione sia all’Osservatorio “SoS appropriatezza”, lo sportello istituito a metà febbraio dal Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, in seguito all’entrata in vigore, due mesi fa, del Decreto “Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”. Fermo restando che alcuni punti confusi e controversi dovrebbero essere risolti da una circolare chiarificatrice del Ministero della Salute di prossima emanazione, abbiamo chiesto alla Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) di rispondere ai quesiti posti dai pazienti.
Esami prescritti su ricetta bianca
Racconta una signora: «Mediamente ogni due anni eseguo di routine esami di controllo, come emocromo, ferro, creatinina, albumina, colesterolo, perché affetta da varie patologie e perché assumo diversi farmaci. Sono andata dal medico di famiglia per la consueta prescrizione ma la segretaria mi ha detto che non tutti gli esami possono essere prescritti senza una motivazione precisa. Gli altri esami il medico avrebbe potuto prescriverli su ricetta bianca, quindi dovrei rivolgermi al privato e pagare. È così?». Risponde Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale della Fimmg: «Se è vero che il medico curante può prescrivere un esame su ricetta rossa motivandolo, per alcuni accertamenti il Decreto non dà solo indicazioni di appropriatezza prescrittiva ma descrive anche le condizioni di erogabilità a carico del Servizio sanitario nazionale. Significa che se gli esami di controllo rientrano tra quelli indicati per una determinata patologia vanno prescritti su ricetta rossa, se invece non ci sono le condizioni per prescrivere un esame su ricetta rossa, ma comunque il medico curante ritiene che il paziente debba effettuarlo, lo segna su quella bianca».
Specialista o medico di famiglia?
Segnala la mamma di un ragazzo con un’invalidità del 75%: «Mio figlio soffre di pancolite, celiachia, psoriasi e ha un sistema immunitario compromesso. Ora ha i valori della glicemia sballati e la pelle di un colorito giallo. Il medico di famiglia non sa se può prescrivergli le analisi su ricetta rossa e consiglia di andare dallo specialista, in alternativa devo rivolgermi al privato, pagando». Racconta un’altra signora: «Nonostante lo specialista abbia prescritto su carta intestata una “Risonanza magnetica al ginocchio per distorsione con sospetta lesione del menisco mediale”, la pediatra di libera scelta di mia figlia si rifiuta di trascrivere l’esame sul ricettario rosso, dicendo che deve farlo lo specialista. Non capisco questo rimpallo». Risponde il dottor Scotti: «Nella maggior parte delle regioni il ricettario rosso lo hanno anche gli specialisti, quindi, se ritengono necessario un esame, devono prescriverlo su quello, assumendosi la responsabilità della scelta e, allo stesso tempo, evitando al paziente un inutile passaggio dal medico di famiglia. Diverso se lo specialista effettua una consulenza e vuole confrontarsi col medico di base che ha in cura il paziente: in questo caso sarebbe più opportuno che formulasse il suo parere in busta chiusa da far recapitare al collega tramite lo stesso paziente».
Un esame per ricetta. E i ticket aumentano
Racconta una paziente: «Devo fare una serie di analisi di laboratorio, ma il medico di famiglia invece di inserire le prestazioni in un’unica ricetta ne ha compilato una per ogni esame. Sono andata in laboratorio e l’operatore mi ha detto che avrei pagato molto di più dato che c’è il ticket fisso su ogni singola ricetta. Mi sono rifiutata di eseguire gli esami. Come devo comportarmi?». Riferisce il dottor Scotti: «Si sono verificati problemi nella prescrizione legati all’utilizzo dei software per le ricette elettroniche: in assenza di circolari esplicative, i programmi hanno interpretato erroneamente la norma. Per esempio, ad ogni esame che rientra nei criteri di appropriatezza è associata una nota, ma sulla stessa ricetta si possono prescrivere otto esami e riportare solo due note. Ora il problema dovrebbe essere risolto, ma il software va monitorato».
Piano terapeutico e altri dubbi da chiarire
Racconta una paziente: «Soffro di una malattia rara e ho un piano terapeutico di 6 mesi, prescritto a dicembre dallo specialista: prevede esami di laboratorio a distanza di un mese, tre mesi e 6 mesi. Ma a gennaio il medico di famiglia mi ha detto che gli esami deve prescriverli ogni volta lo specialista su ricetta rossa». È un problema serio che va chiarito – commenta il dottor Scotti – . Il buon senso vorrebbe che la prima prescrizione sia fatta dallo specialista, le successive dal medico di famiglia. Ci sono anche altri nodi da sciogliere: per esempio, nel caso di un esame come la transaminasi, la prestazione dovrebbe essere erogabile a carico del Servizio sanitario anche quando il paziente assume farmaci che possono provocare danni epatici». Un altro punto da chiarire riguarda le sanzioni. «Non basta dire che sono sospese – dice il vicesegretario nazionale della Fimmg – . Se un esame fosse prescritto al di fuori delle condizioni di erogabilità contemplate dal “Decreto appropriatezza”, di fatto il medico potrebbe essere sanzionato in base all’articolo 9 quater del “Decreto Enti Locali”. Auspichiamo che tutti i punti che si sono rivelati critici possano essere chiariti dalla preannunciata circolare ministeriale, anche col contributo dei medici di famiglia che affrontano questi problemi tutti i giorni insieme agli assistiti».
Pazienti disorientati
«Dalle segnalazioni dei pazienti – aggiunge Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale dei diritti del malato-Cittadinanzattiva – si deduce che il Decreto stia producendo effetti negativi sull’accesso a prestazioni necessarie e anche appropriate. Inoltre, rischia di provocare uno spreco sia di tempo, per l’attesa della visita specialistica, sia di risorse, visto che si aggiungono ulteriori ticket anche sulla visita o, per abbreviare le attese, si esegue in privato la prestazione pagandola di tasca propria. Ma se un cittadino non si cura in tempo o addirittura rinuncia alla prestazione, la sua salute ne può risentire, con uno spreco anche per il servizio sanitario che dovrà poi curarlo. Per questo – conclude Aceti – il Decreto va sospeso e corretto coinvolgendo anche le associazioni dei pazienti».