Noduli alla tiroide, l’esperto: “È anche un problema di conflitti”.
Dati alla mano, i noduli tiroidei sono aumentati del 40% negli ultimi 10 anni e sono destinati a crescere: secondo le previsioni epidemiologiche, infatti, nei prossimi 20 anni colpiranno circa un terzo della popolazione, specialmente nei paesi con carenza iodica, sia nell’alimentazione, sia nell’ambiente. A esserne colpiti sono soprattutto le donne e gli uomini over 60, anche se negli ultimi tempi si è registrata un’impennata anche tra i più giovani fino ai 18 anni.
“Al di là della carenza di iodio che nel nostro Paese è lieve e moderata, però, oggi possiamo affermare con certezza clinica e riscontro strumentale che esiste uno stretto legame tra le condizioni conflittuali comunemente denominate stressogene e l’alterazione strutturale della ghiandola tiroidea”, spiega Samorindo Peci, endocrinologo e direttore della Scuola di Alta Formazione in Neuropsicologia conflittuale di Milano.
“Ciò significa – prosegue – che la gestione del problema andrebbe affrontato da più fronti, inserendo nei protocolli terapeutici approcci di tipo neuropsicologico integrato, specialmente per quanto riguarda i noduli benigni, fortunatamente più frequenti rispetto a quelli maligni riscontrati soltanto in una piccola frazione di casi”.
“I noduli tiroidei infatti – spiega ancora Peci - sono l’espressione clinica di patologie diverse ma sempre riconducibili ad un’azione conflittuale stressogena che riguarda un vissuto di aggressione o spavento. Sono sempre situazioni che ‘levano il fiato’ in conformità con la derivazione embriologica comune che lega la tiroide agli archi branchiali, strutture fetali che rimandano al respirare. In particolare negli aspetti oncologici della malattia tiroidea avremo a che fare con il conflitto dell’aggressione frontale che instaura la necessità di fuggire e quindi di respirare meglio per poter correre via”.
“Nelle patologie tiroidee – conclude Peci – non oncologiche l’accento conflittuale è invece posto sullo spavento. Per una corretta gestione dei noduli tiroidei occorre quindi integrare una valutazione nutrizionale funzionale (alimentazione che sostenga il senso biologico della ipo- o iperfunzione tiroidea), un approccio fitoterapico per noduli non tumorali, il ricorso all’utilizzo di ormoni singoli o combinati, a seconda del sesso del paziente ad una diagnosi conflittuale e al suo trattamento per un approccio multidisciplinare sensato e a 360°”.