Le corrette indicazioni dietetiche nell'insufficienza renale cronica
La dieta è uno dei cardini delle terapia dell’insufficienza renale cronica. Non è una dieta per perdere peso ma una prescrizione medica che riducendo la quantità di proteine, consente al rene un minor carico di lavoro, permette il controllo della quantità di alcune sostanze che possono diventare pericolose nell’insufficienza renale, come il sodio, il fosforo ed il potassio, e consente una miglior regolazione del pH del sangue.
Con tale dieta si cerca di dare un ottimale apporto di calorie perché l’organismo abbia l’energia necessaria per lavorare e utilizzare al meglio le proteine introdotte. Tutti i cibi ci danno calorie, i grassi in quantità maggiore. L’apporto di calorie consigliato è di 30-35 Kcal per chilo di peso ideale, ovviamente se non si è soprappeso od obesi.
Si limita la quota di proteine a quella necessaria alla costituzione dei muscoli, alla ricostruzione dei tessuti danneggiati e alla elaborazione di proteine vitali (ormoni, enzimi, immunoproteine).
E’ necessario quindi che le proteine siano di prima qualità ed è per questo che si privilegiano le proteine animali, meglio utilizzate dal nostro organismo rispetto alle proteine vegetali. Le proteine si trovano in prodotti animali come carne, pesci, uova e latte e latticini, ed in prodotti vegetali come granaglie, legumi e frutta secca. La restrizione proteica è diversa secondo la gravità della insufficienza renale. Le diete ipoproteiche - ipofosforiche limitano la produzione giornaliera di cataboliti azotati derivanti da un apporto incontrollato di proteine. L’urea è il prodotto finale più noto. Questi cataboliti si accumulano nel sangue perché il rene non è più in grado di eliminarli. La nausea, il vomito, l’alito urinoso, la gastrite e l’esofagite, con conseguente perdita di appetito, sono dovutiall’accumulo di urea, e possono causare malnutrizione.
Questi sintomi scompaiono quando l’urea plasmatica si riduce a valori di poco superiori alla norma, come avviene nei pazienti che hanno una buona “compliance” alla dieta prescritta (6). Considerate che l’assunzione giornaliera in una dieta abituale è intorno a 1,2-1,5 e più grammi di proteine per chilo di peso, e che è considerato indispensabile l’introito di almeno 0,75 grammi per una crescita normale. Nelle prime fasi si consiglia una restrizione modesta, 1-0,8 grammi, poi man mano che l’insufficienza renale diventa più grave, la restrizione proteica diventa più importante, fino a 0,6 grammi ed in alcune diete anche 0,3 con dei supplementi di aminoacidi.
Una corretta terapia nutrizionale costituisce, nelle patologie metaboliche come diabete e obesità, il trattamento di prima scelta. Nei vari stadi dell’insufficienza renale cronica, secondo la ormai universalmente accettata classificazione NKF (National Kidney Foundation), la dieta ipoproteica è tutt’oggi il pilastro fondamentale della terapia conservativa, definita oggi come “dietetica e farmacologica”. Vediamo di chiarirne l’importanza.
Oltre quindici anni fa iniziò negli Stati Uniti lo studio MDRD (the Modification of Diet in Renal Disease study) con lo scopo di valutare se la dieta ipoproteica era in grado di rallentare la progressione del danno renale nelle nefropatie croniche (1). Le analisi successive dei dati raccolti non hanno chiaramente dimostrato questo effetto. Tuttavia, tre elementi sono emersi.
Il primo concerne la difficoltà di ottenere una adeguata “compliance” alle prescrizioni dietetiche negli U.S.A. Il secondo, di particolare rilievo, riguarda i pazienti con funzione renale più gravemente compromessa (stadio IV°-V° della classificazione NKF).
Questi pazienti, che seguivano una dieta fortemente ipoproteica, supplementata con una miscela di Aminoacidi Essenziali e Chetoanaloghi, potevano ritardare l’end point, rappresentato dalla necessità di iniziare la terapia dialitica, di un periodo di tempo superiore ad un anno.
Questo, in assenza di molti dei sintomi caratteristici dello stato uremico. Terzo punto, le diete anche più severe, non provocavano malnutrizione se l’apporto calorico era elevato (2, 3). Questa tende invece a presentarsi nei pazienti con IRC lasciati a dieta libera, per il semplice motivo che questi pazienti, spontaneamente, riducono l’apporto di nutrienti(4, 5).
E’ consigliabile quindi regolare l’apporto di proteine con la dieta per diversi motivi: 1) allevia i sintomi legati alla iperazotemia (aumento dei livelli di azoto nel sangue), quali nausea, vomito, inappetenza e stanchezza fisica.
2) rallenta la perdita della funzione renale
3) riduce l’accumulo di fosforo (implicati nella patogenesi della mallatia ossea correlata all'IRC)
4) contribuisce a prevenire l’acidosi metabolica (riduzione del pH nel sangue)
5) partecipa al mantenimento di uno stato nutrizionale soddisfacente.
Nei pazienti con insufficienza renale molto avanzata, a una dieta a basso contenuto proteico, si può associare l’uso di prodotti aproteici (senza proteine), quali pasta, pane, fette biscottate, biscotti, latte. Questo consente di ridurre il senso di fame, introducendo maggiori quantità di alimenti, senza aumentare il carico di proteine, ed usare come fonte proteica alimenti di origine animale.
I moderni studi hanno documentato che una buona condizione nutrizionale del paziente con insufficienza renale cronica, riduce il rischio di mortalità e aumenta la qualità della vita. Pertanto la maggior parte dei medici, ha abbandonato le diete troppo restrittive, che possono portare a denutrizione con aumento della mortalità.
La dieta nell'IRC deve garnatire un bilancio adeguato di alcune sostanze; queste ultime in condizione di ridotta funzinoe renale tendono ad aumentare nel sangue determinando quadri patologici anche molto seri.
CON LA DIETA NELL' IRC VA CONTROLLATO:
apporto di potassio. Il rene svolge un ruolo essenziale nella regolazione della concentrazione di potassio nel sangue, controllandone l’eliminazione. Nell’insufficienza renale cronica, specie allo stadio più avanzato, si riduce questa capacità, quindi il potassio, tende ad accumularsi nel sangue. Poiché il potassio controlla la capacità di contrarsi dei muscoli, compreso quello cardiaco l’aumento del potassio (iperpotassiemia) può provocare alterazioni del ritmo cardiaco (aritmie), di diversa entità, fino all’arresto cardiaco. Capiamo quindi, che è molto importante evitare o comunque ridurre l’ingestione di alimenti ad alto contenuto di potassio. Ma quali alimenti contengono potassio? Tutti gli alimenti, in particolare la frutta e la verdura, contengono potassio, ma ricchissime ne sono tutta la frutta secca ed essiccata, i legumi sia freschi che secchi, patate, olive nere, broccoli, spinaci carciofi, cavolfiore, cavolini, funghi, banane albicocche, avocado, banana, cocco, kiwi, melone. Si consiglia di cuocere la verdura in abbondanti quantità d’acqua, di scolarla bene e di ripetere l’operazione anche una seconda volta; ciò consente di eliminare una maggiore quantità di potassio. Per evitare il rischio di iperpotassiemia si può utilizzare un farmaco, una resina che si lega al potassio e ne riduce l’assorbimento a livello intestinale. Spesso l’iperpotassiema, si associa ad una situazione di acidosi metabolica (accumulo di acidi nel sangue). Se agli esami di laboratorio si riscontra questa alterazione e’importante assumere bicarbonato di sodio. 2) apporto di fosforo. Il calcio e il fosforo sono due minerali d’importanza fondamentale per l’organismo umano; dal loro equilibrio dipende il mantenimento della salute delle ossa. Nella fase più avanzata dell’insufficienza renale cronica si ha una ridotta eliminazione renale del fosforo ma anche una ridotta produzione di vitamina D (responsabile dei bassi livelli di calcio nel sangue), pertanto assistiamo ad uno squilibrio tra questi due minerali, (ossia il calcio è basso ed il fosforo è alto).
Tale condizione rappresenta uno stimolo per la produzione di paratormone (ormone che insieme alla vitamina D regola la formazione e la struttura dell’osso) da parte delle paratiroidi (ghiandole endocrine situate nel collo). Ciò rappresenta la base dell’iperparatiroidismo e dell’osteodistrofia uremica, patologia ossea caratterizzata da un indebolimento dell’osso, che può provocare dolori ossei, fratture spontanee e deformazioni. Tutto questo ovviamente può incidere in maniera negativa sulla qualità di vita dei pazienti. E’quindi importante, nelle fasi più avanzate dell’insufficienza renale cronica, contenere l’accumulo di fosforo, riducendone l’apporto con la dieta.
Il controllo del fosforo nel sangue, infatti, permette di mantenere appropriati livelli di vitamina D in modo che anche il calcio sia a livelli adeguati. Se il fosforo ha livelli molto elevati non possiamo usare la vitamina D, poiché il fosforo elevato con il calcio forma dei sali che precipitano a livello dei vasi e dei tessuti molli, dando calcificazioni vascolari e cardiache pericolose.
Dov’è contenuto il fosforo? In tutti i cibi che contengono proteine, ma gli alimenti più ricchi in fosforo sono i legumi secchi, i formaggi, il cioccolato, la frutta secca. Hanno un notevole contenuto di fosforo alcune carni (tacchino, cavallo), alcuni tipi di pesce come il salmone, e i crostacei in genere. Il tuorlo dell’uovo è molto ricco in fosforo. Ha un alto contenuto in fosforo anche alcune bevande come la coca cola e il succo di pompelmo e di arancia. La bollitura degli alimenti in due acque, come per il potassio, ci consente di eliminare quote elevate di fosforo. Ricordiamo che gli alimenti conservati (cibi in scatola, formaggio in fette o formaggini, insaccati) contengono come sostanza conservante proprio il fosforo come polifosfato.
Per ridurre l’iperfosfatemia (accumulo di fosforo nel sangue) abbiamo a disposizione alcuni farmaci, quali il calcio carbonato, il calcio acetato, e il sevelamer. A livello intestinale tali preparati si legano al fosforo, impedendone l’assorbimento. 3) il controllo del sodio è importante per il paziente con insufficienza renale cronica; una delle funzioni del rene è il controllo del bilancio dei liquidi nel corpo.
Nell’insufficienza renale si ha una perdita progressiva di tale capacità, per cui si può andare incontro a ritenzione di liquidi (iperidratazione). Tale ritenzione è aggravata anche dall’uso eccessivo di sale. Tutto questo può causare un aumento della pressione arteriosa, per aumento del volume ematico. Se i liquidi in eccesso raggiungono alti livelli (oltre 2-3 litri), compaiono gli edemi (gonfiore), prima nelle zone più declivi del corpo (piedi e gambe). Se questa condizione non è riconosciuta e, quindi, adeguatamente trattata, si può avere un quadro di edema polmonare (accumulo di liquidi nel polmone), con importante difficoltà respiratoria per il paziente.
Per facilitare la diuresi e ridurre la condizione di edema bisogna innanzitutto ridurre l’apporto di sale, poi esistono dei farmaci chiamati diuretici, che stimolano il rene ad eliminare maggiori quantità d’acqua. Il paziente deve bere secondo il senso di sete, controllando la quantità dei liquidi introdotti, sia in termini di bevande e di alimenti (minestre, frutta, verdura, gelati), la sua diuresi (quantità di urine giornaliere) e il proprio peso corporeo, misurandolo di mattina.
Per concludere la prevenzione della insufficienza renale cronica ed il rallentamento della sua evoluzione devono prevedere una visione diversa del modo di vivere e di alimentarsi.
4) l’apporto idrico. Molti pazienti con IRC vengono spesso invitati a seguire una
terapia idropinica (con molti liquidi per bocca) per aumentare la diuresi. Un apporto eccessivo di liquidi può indurre emodiluizione, anche perché spesso l’apporto di sodio è ridotto. Raccomandiamo, pertanto, ai pazienti in terapia dietetica, in particolare negli stadi avanzati, di introdurre acqua o altri liquidi nelle quantità strettamente necessarie a soddisfare il senso di sete.