Endometriosi, ecco tutte le possibili cure
Interventi chirurgici in laparoscopia in centri specializzati e nuove terapie farmacologiche. I rimedi per le donne che soffrono di questa patologia
Nove anni in media per una diagnosi, fino a 5-6 diversi consulti ginecologici, svariati interventi chirurgici. Le donne che hanno l’endometriosi spesso non sanno di averla e quando lo scoprono la malattia è già ad uno stadio avanzato. Di centri specializzati ce ne sono diversi in Italia (guarda la mappa costruita dall’associazione Ape) ma le eccellenze chirurgiche sono poche, il Negrar di Verona e il Sant’Orsola di Bologna tra gli altri.
La casa di cura Malzoni con sede ad Avellino è punto di riferimento per il sud Italia e convenzionata con il Sistema sanitario nazionale. Qui si eseguono fino amille interventi l’anno in laparoscopia per endometriosi.
Mario Malzoni direttore del centro di chirurgia pelvica avanzata è anche presidente della Società italiana di endoscopia ginecologica.
Quali sono le cure per le donne che soffrono di endometriosi e quando è necessario l’intervento chirurgico?
«È fondamentale capire la sintomatologia della paziente. Ci sono delle forme di endometriosi con scarsi o nessun sintomo. In questi casi non va mai proposto l’intervento che va fatto dopo il fallimento della terapia farmacologica. Sono diversi i farmaci che possono essere utilizzati anche per periodi lunghi ma è una terapia che va cucita sulla paziente. La terapia farmalogica più validata è una terapia progestinica a basso dosaggio e continua che determina il blocco delle mestruazione; si crea una situazione di amenorrea. Con questa terapia, si mantengono bassi gli estrogeni perché la malattia è estrogeno -dipendente».
Quindi non c’è interruzione come nelle pillole anticoncezionali per provocare la mestruazione?
«No, questa terapia viene chiamata un po’ impropriamente minipillola perché non contiene gli estrogeni e va utilizzata senza interruzioni, a ciclo continuo. È un farmaco che in Italia c’è da qualche anno».
Ci sono delle donne che sono in menopausa farmacologica, di cosa si tratta?
«È una terapia che si utilizza sempre meno, io non la utilizzo più da molti anni perché ci sono troppi effetti collaterali e non può essere data a lungo termine. I farmaci utilizzati sono analoghi del GNRH, sono delle fiale da fare ogni 28 giorni. Ma non è consigliabile un trattamento a lungo termine».
Quando si ricorre all’intervento chirurgico?
«Se le donne continuano ad avere dolori oppure devono interrompere la pillola, si può proporre l’intervento chirurgico. Oppure se ci sono donne con endometriosi infiltrante, una forma di endometriosi che penetra nella profondità degli organi della pelvi come la vescica, l’intestino gli ureteri, i reni e le strutture nervose, dove si formano dei noduli. Quando gli organi e la loro funzionalità sono a rischio l’intervento è obbligatorio, indipendentemente dai sintomi. Questo tipo di endometriosi va diagnosticata nei centri di riferimento con ginecologi ed ecografisti esperti nel campo altrimenti la diagnosi è difficile. Non sempre c’è dolore nell’endometriosi infiltrante anche se in genere con una anamnesi accurata il dolore emerge».
In cosa consiste l’intervento?
«L’intervento deve essere necessariamente praticato in laparoscopia, e va fatto nei centri di riferimento, sono chirurgie particolari dove bisogna essere molto delicati e precisi. Per esempio sulle ovaie, quando c’è una cisti, la chirurgia deve essere minima altrimenti il danno può essere importante. Cerchiamo di operare il meno possibile in questi casi perché il danno chirurgico dell’intervento c’è: l’asportazione di una cisti provoca un danno sulla riserva funzionale delle ovaie (sul numero delle uova e quindi sulla possibilità di avere figli, ndr). Nei casi di endometriosi infiltrante invece l’intervento va fatto e deve essere radicale, bisogna togliere tutta la malattia, altrimenti la possibilità di recidive è più alta. Per questo è necessaria l’esperienza del chirurgo, se la malattia non viene tolta in modo completo si sommano alla non completezza del precedente intervento le aderenze causate dall’intervento stesso».
Che cos’è la laparoscopia?
«È una tecnica chirurgica mininvasiva: attraverso l’ombelico si introduce una telecamera e con delle piccole incisioni si esegue l’intervento. Il recupero post operatorio è più rapido di un intervento tradizionale, la paziente perde meno sangue, la degenza è più breve. È in anestesia generale e si tratta di una chirurgia difficile che va eseguita da un chirurgo pelvico in grado di intervenire su tutti gli organi. Come Società italiana di endoscopia ginecologica stiamo costruendo una mappa dei centri che hanno un’equipe di esperti dalla diagnosi alla terapia dell’endometriosi ed eseguono un numero minimo di interventi, 500-600 l’anno».
Quanti interventi subisce in media una paziente con endometriosi?
«È stato stimato che la paziente vede in media 5-6 ginecologi prima di avere una diagnosi corretta soprattutto di endometriosi infiltrante e questo ha delle conseguenze perché se si opera non sarà un intervento completo e quindi la paziente è candidata a un nuovo intervento. Non si muore di endometriosi, è una malattia benigna ma è molto aggressiva ha un comportamento sugli organi simile al cancro, si possono avere dei danni importanti».
LAURA PREITE