Fistole anali, una soluzione è possibile
Uno studio multicentrico analizza l'efficacia di un approccio inedito
Un argomento spinoso e che si tende a non trattare per imbarazzo e pudore. Le fistole anali rappresentano in realtà un problema molto diffuso e che può insorgere a ogni età, spesso senza particolari fattori predisponenti. Le fistole perianali sono piccoli “tunnel” che mettono in comunicazione la cute intorno all'ano con l'interno del canale anale. In genere sono precedute da un vero e proprio ascesso il cui esito è appunto l’apertura all'esterno. Nel giro di ore o giorni si forma una zona arrossata, dura e molto dolente – l’ascesso – accompagnata quasi sempre da febbre alta. Le fistole, in genere, non regrediscono spontaneamente e devono essere sottoposte al proctologo per il trattamento chirurgico. La procedura chirurgica per eliminare la fistola è particolarmente delicata e deve essere personalizzata per ciascun paziente, considerandone l’anatomia specifica e la posizione e lo sviluppo dell’infezione, mirata, per quanto possibile, a non intaccare le strutture degli sfinteri e a non compromettere la continenza fecale.“Il nostro lavoro dell’ultimo decennio si è concentrato nella ricerca di nuove soluzioni terapeutiche per i pazienti con fistole anali complesse che riducessero drasticamente il rischio di complicanze post chirurgiche e di recidive, che intaccano considerevolmente la qualità della vita”, spiega il professor Francesco Gabrielli, responsabile dell’unità Operativa Universitaria di Chirurgia Generale degli Istituti Clinici Zucchi.“I progressi in questo ambito sono incredibilmente promettenti” – continua il professor Gabrielli – “e si concentrano sull’utilizzo di due approcci: l’applicazione di cellule staminali per la rigenerazione dei tessuti e la chiusura della fistola con una sorta di 'sigillo' di biomateriale. Questo secondo approccio è quello che stiamo utilizzando all’interno di uno studio nazionale multicentrico che coordino: una colla biologica viene introdotta nella fistola e favorisce la generazione da parte del paziente di un tessuto cicatriziale che la chiude. Si evita così l’azione chirurgica con il conseguente indebolimento degli sfinteri. Stiamo raggiungendo una percentuale di guarigione senza recidive che tocca il 70%: una vera rivoluzione in uno dei campi più difficili della colonproctologia”.Questo nuovo tipo di trattamento attuato presso gli Istituti Clinici Zucchi è disponibile nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale per tutti i pazienti con una fistola primaria, che non sia cioè causata da una malattia infiammatoria cronica dell’intestino come la colite ulcerosa o la malattia di Crohn.