Cannabis: via libera della Regione ma solo nelle farmacie ospedaliere
Privatamente sì, con la ricetta no. La cannabis terapeutica sta per entrare a far parte del prontuario medico piemontese, ma «non sarà garantita una diffusione capillare». Insomma, i medici di base potranno prescriverla ma in regione la si potrà acquistare solo nelle farmacie ospedaliere. Una modifica voluta dall’assessore Saitta alla legge presentata in Consiglio regionale da Marco Grimaldi di Sel, che «creerà una disparità fra i farmacisti e soprattutto un disservizio per i pazienti», denuncia Mario Giaccone, presidente dell’Ordine dei farmacisti di Torino e consigliere nazionale.
Disparità
La contraddizione nasce dal fatto che «già dal 2013 le farmacie possono vendere cinque cannabinoidi non rimborsati dal servizio sanitario nazionale. E ora che ne è stato riconosciuto a livello nazionale l’impiego per sei patologie, in Piemonte ne verrà limitata la distribuzione», spiega Giaccone. «S’innesca così una disparità fra farmacie ospedaliere e del territorio che, pur essendo pronte ad inserirsi nel percorso regionale, assicurando disponibilità e professionalità per le preparazioni galeniche, non potranno farne parte. E tutto questo «in una regione dove c’è la maggior presenza di piccoli Comuni, complicando la vita ai pazienti».
Un esempio pratico
Se ho la ricetta medica per la cannabis e abito a Viù pur essendo la farmacia della mia città fornita, dovrò comunque andare all’ospedale di Lanzo. E se in quel momento la farmacia ospedaliera ne è sprovvista, è autorizzata per legge a chiedere alla farmacia privata di fornirgliela. Quindi mentre tornerò a casa, il farmaco da Viù sarà spedito a Lanzo e io dovrò tornare lì a ritirarlo, pur avendocelo avuto sotto casa dal primo momento.
Costi contenuti
«La scelta della Regione di limitare la distribuzione, e di modificare la delibera nonostante in Commissione avessimo già affrontato l’argomento, è stata giustificata dai costi, ma in questo caso non sono assolutamente un problema. Questo perchè i fondi sono già stati ripartiti e il rimborso dovuto alle farmacie sarebbe talmente minimo da non influire sulla distribuzione - conclude Giaccone -. I farmacisti sono disponibili a venire incontro alla Regione, anche a limitare il loro onorario, che comunque verrebbe speso, concentrando il lavoro negli ospedali. E non solo, perchè in parte ricadrà su tutti coloro che hanno bisogno di quel farmaco».