I traumi cranici potrebbero aumentare il rischio Alzheimer.
Anche a distanza di 10 anni è possibile riscontrare la presenza di placche amiliodi tipiche della malattia.
Chi l’ha detto che un trauma cranico non lascia conseguenze? Secondo uno studio pubblicato dalla prestigiosa rivista Neurology, ad opera dei ricercatori dell’Imperial College di Londra, i traumi subiti alla testa possono aumentare la probabilità di andare incontro a demenza senile e Alzheimer attraverso la formazione di placche amiloidi nel cervello. Un risultato, seppur preliminare e ottenuto su un numero molto piccolo di persone, potrebbe essere sfruttato in futuro nella prevenzione di queste malattie.
Ventisei milioni di malati nel mondo, 800 mila soltanto in Italia. Numeri che, secondo gli esperti, sono destinati a crescere sempre di più, complice l’innalzamento dell’aspettativa di vita media. E’ questa la radiografia del morbo di Alzheimer. Per gli scienziati il principale responsabile della patologia sarebbe una forma alterata della proteina beta amiloide. Questa, proprio perché aberrante, si accumulerebbe nel cervello sotto forma di placche causando la morte dei neuroni.
Ed proprio sulla formazione di queste placche amiloidi che si è concentrata l’attenzione dei ricercatori inglesi. Precedenti studi hanno dimostrato che in seguito ad un forte trauma cranico nel cervello è possibile rilevarne la presenza mediante risonanza magnetica. Altri studi epidemiologici hanno rilevato che le persone che hanno subito un trauma cranico sono maggiormente predisposte a sviluppare demenza senile. Partendo da questa evidenza gli autori dello studio hanno voluto verificare se a distanza di anni dal trauma il cervello mostra ancora i segni del colpo subito.
Dalle analisi, effettuate su un campione ristretto di persone sane, malate di Alzheimer e in buona salute ma con un passato di «trauma cranico» è emerso che anche a distanza di 10 anni è possibile riscontrare la presenza di quelle placche già rilevate immediatamente dopo l’incidente. Attenzione però a interpretare i risultati: il dato non indica che chi ha subito un trauma necessariamente va incontro a demenza senile. Il risultato, anche se dovrà essere confermato su un più ampio numero di casi, fornirà indicazioni utili ai ricercatori sulle persone a rischio e potrà essere utilizzato per cercare -quando saranno disponibili i farmaci- di rallentare il più possibile la formazione di queste placche in seguito ad un incidente.