Con un esame del sangue saprai se rischi la gestosi
Si chiama anche Preeclampsia ed è la patologia che può portare a gravi conseguenze per mamma gravida e bambino nel grembo. Il nuovo test dice quando è necessario intervenire
La preeclampsia, più conosciuta con il termine di gestosi, oggi fa meno paura. In uno studio da poco pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine gli scienziati dell’Università di Vienna –finanziati dalla svizzera Roche- hanno messo a punto un test di analisi del sangue in grado di predire con un’accuratezza del 99% lo sviluppo della malattia. Un’arma in più a disposizione dei ginecologi che servirà ad evitare le complicanze di questa pericolosa condizione medica.
La gestosi si manifesta di solito nella seconda metà della gravidanza, con un aumento della pressione arteriosa e perdita di proteine con le urine. Può causare complicazioni gravi per la madre e per il feto, nella metà dei casi costringe a un parto prematuro, con tutti i rischi connessi per il neonato. La causa di tale patologia non è del tutto nota ma, alla sua insorgenza, la quantità di sangue che attraversa la placenta diminuisce: il feto non riceve dunque sufficiente ossigeno e nutrimento per svilupparsi in modo corretto. La preeclampsia è una patologia che non presenta necessariamente sintomi precoci e che si aggrava nel tempo. Non può essere curata: l’unica cura è il parto.
Sino ad oggi nella pratica clinica i test di riferimento tradizionalmente eseguiti sono la misurazione della proteinuria e della pressione arteriosa. Queste due misurazioni sfortunatamente non consentono di identificare in modo ottimale le donne che svilupperanno una preeclampsia, né di predire il modo in cui la patologia progredirà. Come conseguenza, molte donne che presentano i sintomi di preeclampsia vengono ospedalizzate inutilmente per essere sottoposte ad uno stretto monitoraggio: ciò causa stress emotivo sia ad esse che alle loro famiglie, generando allo stesso tempo costi supplementari per il sistema sanitario. Il nuovo test messo a punto cambia radicalmente l’approccio alla gestosi.
Come spiega il professor Harald Zeisler, uno degli autori dello studio, «I benefici “emotivi” del test sono molto importanti: la preeclampsia può svilupparsi rapidamente e i sintomi possono comparire anche nelle donne la cui gravidanza non ha presentato alcun problema prima».
Il test si basa sulla ricerca di due proteine: in particolare l’esame messo a punto dagli scienziati è in grado di valutare il rapporto di sFlt-1 (soluble fms-like tyrosine kinase-1) e PlGF (placental growth factor) presenti nel sangue materno. Un rapporto inferiore o pari a 38 può escludere lo sviluppo di preeclampsia nella settimana successiva al test, con un valore predittivo negativo del 99.3%; un valore di questo rapporto superiore a 38 predice invece lo sviluppo di preeclampsia nelle successive quattro settimane.
«E’ un grande vantaggio poter dire ad una paziente con sintomi di preeclampsia che ha un valore basso e che dunque ha un basso rischio di sviluppare la patologia. Dall’altro lato, le pazienti che invece presentano valori elevati possono essere ospedalizzate e ricevere le cure specialistiche più adeguate presso le unità neonatali e di terapia intensiva» conclude Zeisler.
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